Il razzismo: questo sconosciuto
IL RAZZISMO: Questo sconosciuto.
La chiusura dei settori di alcuni stadi italiani per fenomeni di razzismo, ha aperto un acceso dibattito all’interno del mondo del calcio.
Le espressioni razziste di alcune tifoserie, prevalentemente del nord Italia, hanno visto come vittime giocatori di colore o tifoserie delle squadre del meridione italiano, Napoli in particolare, portando alla ribalta termini come “discriminazione razziale” e “discriminazione territoriale”.
Certo in tanti dimenticano che certe disgrazie naturali come terremoti, inondazioni ed alluvioni, oppure il verificarsi di certe epidemie come il colera e la peste, sono eventi che non fanno distinzione territoriale.
Basti pensare che un terremoto c’è stato in Sicilia come in Irpinia, in Emilia come in Friuli, mentre le alluvioni hanno colpito regioni come Liguria, Toscana , Veneto.
La differenza in uno stadio la fa l’aspetto culturale di una popolazione, visto che i “terroni” meridionali discendenti dei raffinati Greci e Patrizi Romani, grandi utilizzatori di saponi, al contrario dei popoli nordisti discendenti dei vandalici popoli celti e longobardi, non ricordano mai le calamità che hanno colpito il nord Italia e soprattutto non augurano a nessuna popolazione l’estinzione per mano di madre natura.
Lasciamo da parte il fatto che all’interno di uno stadio certi cori, anche se offensivi, sono sempre stati cantati e sono a modo loro una componente pittoresca del gioco del calcio o, magari, per un attimo ignoriamo il triste tentativo di legittimare come “goliardiche” certe espressioni razziste in barba ai regolamenti accettati da tutte le società di calcio e che quindi vanno rispettati.
Approfondiamo invece il termine “razzismo”, inteso nel suo peggior significato e nella sua peggiore espressione.
Forse i giocatori di colore che calcano i campi di calcio italiani, dimenticano che ai neri d’America era proibito entrare in un bar frequentato da persone bianche di pelle perché ritenute meno gradite degli animali, che anche se anziane dovevano cedere il proprio posto a sedere su di un bus ad un giovane bianco, che venivano malmenati o bruciati vivi dai padroni bianchi, venivano ghettizzati perché i bianchi non volevano essere avvicinati da loro. Questo è vero razzismo.
Probabilmente ignorano la lotta condotta da Martin Luther King per i diritti delle popolazioni dei neri perché altrimenti si farebbero una risata ascoltando gli ignoranti ma innocui ululati.
Come innocua ed ignorante è la discriminazione territoriale che si fa all’interno di uno stadio, soprattutto se considera che spesso capita che a cantare contro la propria terra e contro loro stessi sono proprio i meridionali che tifano per le squadre del nord o, ancora più ridicolo, si inneggia contro le origini di calciatori che sono i protagonisti delle vittorie di quelle squadre, vedi Quagliarella della Juventus, i cui tifosi madre natura ha dotato di una buona dose di imbecillità.
L’aspetto più triste di questa tipologia di discriminazione è che lo stadio è solo la cassa di risonanza di un fenomeno sociale che vede i meridionali, condannati ad emigrare per lavoro, in enormi difficoltà nel trovare un alloggio, nell’essere oltremodo offesi e discriminati quando si trovano nei territori del nord Italia.
Quindi non va combattuto il fenomeno della discriminazione all’interno di uno stadio, ma va affrontato in quelle sedi, soprattutto scolastiche ed ecclesiastiche, dove è possibile divulgare la cultura dell’accettazione del diverso.
Poi se il calcio vuole fare da apripista al debellamento della cultura becera del razzismo ben venga, ma la via giusta non è certo la chiusura di un settore dello stadio dove a pagare sono anche quelle persone che nulla hanno a che fare con i cori, ma magari colpire le società con punti di penalizzazione in classifica perché non sono in grado di isolare certi personaggi a loro noti dei quali spesso sono anche vittime.